Colonizzazione europea delle Americhe

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Carta dell'America Settentrionale attribuita all'abate Claude Bernau (circa 1681). La carta mostra i risultati delle spedizioni di padre Jacques Marquette e Louis Jolliet (1673) e di René Robert Cavelier de La Salle nella valle del Mississippi. Vi si vede l'insediamento di tre forti costruiti tra il 1679 e il 1680: Fort de Conty (presso le cascate del Niagara), Fort des Miamis (a sud del lago Michigan), Fort Crèvecoeur (sulla riva sinistra dell'Illinois). Il corso del Mississippi è raffigurato soltanto fino alla confluenza con l'Ohio.

La colonizzazione europea delle Americhe è il fenomeno storico che portò all'esplorazione, alla conquista e alla colonizzazione del continente americano da parte di diversi Stati europei, tra i quali la Spagna, il Portogallo, Paesi Bassi, la Francia, l'Inghilterra.

Benché l'obiettivo principale fosse quello di espandere i propri affari commerciali, propagando al contempo la propria civiltà e la fede cristiana nel "Nuovo Mondo", il processo di colonizzazione produsse una sistematica distruzione, in taluni casi persino fisica, delle culture delle popolazioni locali. Il processo di colonizzazione si concluse nella seconda parte del diciannovesimo secolo, con la conquista del Far West da parte degli Stati Uniti d'America.

Storia del termine

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Il termine "colonizzazione" ha preso progressivamente piede nella storiografia contemporanea[1] rispetto alla storica espressione scoperta delle Americhe o scoperta dell'America in quanto queste ultime considerate frutto di un punto di vista eurocentrico.

A parte considerazioni sociologiche, l'espressione scoperta è comunque inesatta in quanto i primi colonizzatori in assoluto delle attuali Americhe provenivano dall'Eurasia, approfittando della glaciazione dello stretto di Bering circa 13-14 000 anni prima dell'era volgare per trasmigrare da un continente all'altro.

Esistono inoltre testimonianze d'epoca precedente alla colonizzazione europea, attribuibili ai vichinghi, rinvenute in Terranova (Canada), che retrodatano l'arrivo europeo nel continente ad almeno l'undicesimo secolo dell'era volgare, confermando così le Saghe della Vinlandia, in cui si narra dell'arrivo nelle odierne Americhe di Leif Erikson, figlio di Erik il Rosso. La tesi della scoperta vichinga trova opposizione in chi sostiene la differenza tra scoperta propriamente detta e approdo: perché vi sia scoperta, si sostiene, occorre che l'esperienza di viaggio sia accompagnata da un'acquisizione stabile e duratura di conoscenze che si riflettano sulla cultura del popolo scopritore (come avvenne nel caso dei viaggi di Cristoforo Colombo, le cui scoperte divennero appannaggio di tutto il mondo conosciuto). I vichinghi abbandonarono invece quelle terre dopo il peggioramento delle condizioni climatiche e il ricordo del Vinland fu perso, invalidando i relativi reperti cartografici[2].

I viaggi di Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci

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Lo stesso argomento in dettaglio: Viaggi di Cristoforo Colombo.
L'arrivo di Colombo a San Salvador

Con la conquista del Sultanato di Granada (1492), l'ultimo territorio iberico ancora in mano ai musulmani, la Castiglia aveva libero accesso alle coste atlantiche, ma si trovava la costa africana e le isole atlantiche sbarrate dai portoghesi. La conquista di Bisanzio da parte degli ottomani, la caduta dell'Impero Romano d'Oriente, e specialmente la conseguente chiusura della rotta per l'Asia, costrinsero gli europei a cercare un'altra via per raggiungere le Indie. Le soluzioni proposte erano due: la circumnavigazione dell'Africa o la rotta verso ovest attraverso l'Oceano Atlantico. Quest'ultima proposta fu avanzata dal genovese Cristoforo Colombo.

Per questi motivi i sovrani Ferdinando II d'Aragona e Isabella di Castiglia accettarono l'impresa proposta loro da Colombo che il 3 agosto 1492 salperà da Palos (Spagna). In realtà essa si basava su un errore di calcolo: Colombo era convinto che la circonferenza terrestre fosse molto inferiore di quanto non sia effettivamente e credeva di riuscire a raggiungere in tempi relativamente brevi l'Oriente descritto da Marco Polo, ovvero intendeva buscar el Levante por el Poniente.

Questo errore e l'aiuto dei venti alisei permisero a Cristoforo Colombo di scoprire l'America il 12 ottobre 1492, di venerdì attorno alle ore 2:00 del mattino, dopo settanta giorni di navigazione su tre piccole navi, la Niña, la Pinta e la Santa María e sbarcare il giorno seguente su una delle isole Lucaie (attuali Bahamas), che venne battezzata San Salvador in onore di Gesù Cristo Salvatore, per poi toccare altre isole tra cui l'isola Santa Maria, Grande Exuma, Grandi Antille, Haiti.

Da quel momento, quella parte di mondo divenne terra spagnola, almeno secondo la volontà di Colombo stesso che ne prese possesso, senza nessuna consultazione con gli abitanti, a nome dei reali di Spagna. Seguirono a questo altri tre viaggi nel periodo tra il 1493 e il 1500, in cui Colombo continuò esplorazione dei Caraibi, raggiungendo a sud le foci dell'Orinoco e ad ovest Panama. Nel frattempo, nel 1504, muore la regina lsabella di Castiglia, raccomandando nel suo testamento di rispettare gli abitanti delle Indie.[3]

Nicchia commemorativa della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo in un palazzo di via Gramsci, al porto antico di Genova

Colombo morirà nel 1506, convinto di essere arrivato nelle Indie, anche se in realtà aveva raggiunto il continente americano.

Il primo ad intuire, però, che quelle terre non erano l'Oriente ma un nuovo continente fu nel 1507 il fiorentino Amerigo Vespucci con le sue esplorazioni lungo le coste del Brasile e dell'Argentina. Amerigo Vespucci viaggiò inizialmente nel Nuovo Mondo nel 1497 e probabilmente toccò terra nell'attuale penisola della Guayira (Colombia). Ciò si deduce dalle sue lettere a Lorenzo il Popolano sulla cultura degli indigeni nativi. Successivamente Vespucci viaggiò nel Nuovo Mondo nel 1499, insieme a Alonso de Ojeda e Juan de la Cosa, il famoso pilota di Cristoforo Colombo. In questo viaggio Vespucci esplorò le coste del Brasile e fu il primo europeo ad individuare l'estuario del Rio delle Amazzoni. Vespucci fece altri due viaggi nel Nuovo Mondo, nei quali esplorò le coste del Brasile e della Patagonia.

Amerigo Vespucci intuì non solo che era improbabile che le Indie finissero a 50° sud di latitudine ma anche che il Nuovo Mondo era un continente separato dagli altri tre conosciuti ed inviò delle lettere a Firenze dove esprimeva le sue convinzioni. Fu in seguito a queste lettere, interpretate da cosmografi europei, che il Nuovo Mondo fu battezzato America in onore di Amerigo Vespucci. Solitamente infatti le terre di nuova scoperta venivano battezzate, in segno di glorificazione, a partire dal cognome dello scopritore: così fu per esempio per la Colombia (da Colombo) e per la Tasmania (da Tasman).

Nel 1513 si ebbe la conferma definitiva che l'America era un nuovo continente. Infatti, lo spagnolo Vasco Núñez de Balboa attraversò via terra l'istmo di Panama e scoprì un nuovo oceano poi chiamato Pacifico da Magellano quando vi entrò dopo aver passato uno stretto, che oggi è chiamato "di Magellano" dal suo nome, situato in Sudamerica nella Terra del Fuego.

Retrodatazione della scoperta dell'America

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Lo stesso argomento in dettaglio: Colonizzazione vichinga dell'America.

Prima di Colombo già alcuni popoli, europei e non, avevano compiuto dei tentativi verso il nuovo continente, come ad esempio scandinavi e portoghesi, molte di queste informazioni pero' sono ancor in procinto di essere attestate oppure bocciate.

Sebbene Colombo fosse stato preceduto da altri navigatori, nessuno di questi viaggi presunti o reali ebbe un impatto sulla storia europea.[4]

  • Durante l'ultima era glaciale, lo stretto di Bering era un istmo largo circa 1600 chilometri. Le popolazioni asiatiche raggiunsero così, a partire da circa 15000 anni fa, l'America, passando attraverso la Beringia verso l'odierno Alaska o Canada.[5]
  • Durante il VI secolo a.C., i fenici sarebbero potuti arrivare in America attraversando l'Atlantico. A suggerire questa tesi, una stele ritrovata nel 1658 a Bourne nel Massachusetts[senza fonte] e un'altra ritrovata nel Paraiba in Brasile nel 1872 e poi copiata (delle stele originale si sono perdute le tracce), recante la testimonianza di alcuni marinai fenici naufragati in Brasile a seguito di una tempesta e il cui capo, Mat'aštart, prendeva possesso di quelle terre.[6]
  • Ancora prima, nel 499, il missionario buddista Hui Shen attraversò il Pacifico, raggiungendo il Fusang; alcuni sostengono che si tratti del Giappone, ma secondo altri la distanza percorsa era di molto maggiore e presumono sia la California.[senza fonte][7]
  • Gli stessi cinesi (tra cui i geografi Chao Zhoukua e Chou C'ii-fei) sostengono, rispettivamente nel 1178 e nel 1125, che gli Arabi raggiunsero un territorio all'estremo Occidente, chiamato Mu-Lan-Pi, dove crescevano un grano enorme (mais) e meloni giganteschi (zucche). Spesso questa terra viene identificata con la Spagna, ma gli scritti raccontano di un viaggio di cento giorni, troppi per attraversare solo il Mediterraneo.[senza fonte][7]
  • Alcuni colonizzatori islandesi erano giunti in Groenlandia all'inizio del X secolo, mentre le isole Azzorre, che pure si trovano al largo nell'Atlantico, erano già state colonizzate dai portoghesi.
  • La questione se i Vichinghi siano giunti o meno in America del Nord molto prima di Colombo (forse intorno all'anno 1000) è stata a lungo dibattuta dagli storici. È accertato che intorno al 980 i Vichinghi islandesi scoprirono la Groenlandia e, trovandola disabitata, si insediarono sulla costa sud-occidentale. Le prime ipotesi di un successivo sbarco e di possibili tentativi di insediamento dei Vichinghi in zone come Labrador e Terranova trovavano giustificazione soprattutto in alcuni passi della saga di Erik il Rosso, in cui veniva menzionato un viaggio di Erik in una regione oltre oceano detta Vinland, abitata da un popolo (gli Skræling) che sembrava corrispondere con le prime descrizioni dei nativi americani a opera dei successivi esploratori europei. Nel 1961, la scoperta di tombe vichinghe dell'XI secolo a L'Anse aux Meadows ha fornito una prova della correttezza di questa ipotesi. Oggi si considera certo che i vichinghi giunsero, oltre che in Groenlandia, anche a Terranova.
  • Nell'Inghilterra elisabettiana, comunque, alcuni scrittori sostengono che, nel 1170, il principe Madoc Gwynned, avrebbe raggiunto e colonizzato l'America. Ciò è testimoniato dalla scoperta effettuata intorno al Seicento, da esploratori inglesi (fra cui Morgan Jones e Peter Wynne): alcune tribù pellirosse avevano una lingua incredibilmente simile al gaelico.[senza fonte][7]
  • Secondo il giornalista Ruggero Marino[8] la scoperta dell'America da parte di Colombo sarebbe da anticipare di qualche anno. Secondo queste tesi, il navigatore avrebbe compiuto già nel 1485 un viaggio che lo avrebbe portato nel Nuovo Mondo. Questo lo si potrebbe dedurre da vari indizi: la rotta seguita da Colombo nel primo viaggio nel 1492 segue esattamente le correnti; inoltre l'ammiraglio è così sicuro di raggiungere le nuove terre che, per sedare una rivolta, promette di navigare soltanto per altri tre giorni e proprio nella notte fra il secondo e il terzo giorno arriva a destinazione. Inoltre, sulla tomba di papa Innocenzo VIII c'è scritto "Durante il suo regno la scoperta di un Nuovo Mondo". Il papa però morì il 25 luglio 1492, alcuni giorni prima della partenza ufficiale. Naturalmente l'autore di detta iscrizione può avere sia fatto semplice riferimento all'ultimo anno solare in cui visse Innocenzo VIII, appunto il 1492, quanto all'oggi noto ruolo di "protettore" che detto Papa ebbe nei confronti di Colombo, per mezzo del suo logoteta presso la corte di Spagna Alessandro Geraldini (autore del resoconto di viaggio: "Itinerarium ad Regiones Sub Aequinoctiali Plaga Constitutas"[9]).
  • È da notare tuttavia che il navigatore turco Piri Reìs, nella sua famosa mappa, realizzata nei primi decenni del XVI secolo, annotò che la zona delle Antille era stata scoperta nell'anno del calendario islamico 896 (corrispondente al 1490/1491 dell'era cristiana) da parte di un genovese infedele di nome Colombo.[10] Lo stesso Reìs dichiarò che alcune delle fonti a cui aveva attinto per realizzare la sua opera erano le mappe usate da Colombo.
  • Secondo alcune interpretazioni di un testo del 1500 corredato da una mappa, i fratelli Nicolò e Antonio Zeno, navigatori e funzionari veneziani, riuscirono a raggiungere il Nord America nella seconda metà del XIV secolo.[senza fonte][7]

La divisione del Nuovo Mondo

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Nel 1493 il re Ferdinando II d'Aragona ottenne dal papa Alessandro VI (1492-1503) una bolla pontificia, la Inter Caetera, che sanciva il possesso della Castiglia di tutte le terre scoperte e cristianizzate al di là di una linea teorica che si trovava a circa cento miglia marine dalle isole Azzorre e Capo Verde.

Nel 1494 però, i sovrani di Spagna dovettero accordarsi con il re del Portogallo Giovanni II con il trattato di Tordesillas che spostava la linea di demarcazione fra le rispettive aree di influenza ancora più ad occidente per altre ottocento miglia marine. Questa nuova linea dava al Portogallo le terre dell'attuale Brasile.

Altri esploratori e colonizzatori

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Francobollo commemorativo del cinquecentenario della scoperta dell'America, emesso dalle Postverk Føroya (Fær Øer)

Dopo Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci, altri esploratori inviati dalla corona spagnola e, successivamente, dagli altri monarchi europei ampliarono la conoscenza del Nuovo Mondo:

Periodo dei Conquistadores

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Lo stesso argomento in dettaglio: Conquistadores e Colonialismo spagnolo.
La battaglia di Cajamarca tra gli spagnoli di Francisco Pizarro e gli Inca di Atahualpa in un'incisione di Theodor de Bry

Il periodo dei conquistadores va dal 1519 al 1560. Fino al 1519, i navigatori erano spinti in realtà dall'idea di raggiungere le Indie e di poter commerciare con l'Oriente, in special modo con le Isole delle Spezie (Molucche, oggi facenti parte dell'Indonesia). In seguito ai viaggi e alle intuizioni di Amerigo Vespucci fu chiaro che il Nuovo Mondo non era l'Asia ma un nuovo continente.

Iniziò quindi una ricerca spasmodica di un passaggio che potesse comunicare l'oceano Atlantico con un altro mare da dove si potesse arrivare "facilmente" all'Asia. Vasco Núñez de Balboa fu il primo europeo ad individuare questo mare. Nel 1513 attraversò le montagne di Panama ed individuò un nuovo mare che chiamò "Mare del Sud". Si pensava ad un passaggio marittimo che permettesse di raggiungere il Mare del Sud: lo cercò Juan Díaz de Solís nel 1515, ma morì nel Río de la Plata attaccato da indigeni. La spedizione che ebbe fortuna nel trovare il passaggio marittimo fu quella di Ferdinando Magellano, che nel 1519 attraversò lo stretto a lui intitolato, navigò nell'oceano Pacifico e giunse, finalmente, alle isole delle Spezie (Molucche).

A partire dal 1519, quando fu chiaro che l'America oltre a essere un nuovo continente era separata dall'Asia da un immenso oceano, gli esploratori del Nuovo Mondo furono spinti da altri motivi. Siccome gli indigeni americani facevano largo uso di monili in oro, si diffuse la leggenda che all'interno del continente americano vi fossero immense quantità d'oro e città fantastiche dove si viveva nell'abbondanza. Quando Hernán Cortés conquistò il Messico e Francisco Pizarro il Perù, entrambi si appropriarono di grandi quantità del prezioso metallo e la leggenda di una città nascosta all'interno del continente e pavimentata d'oro si ingrandì.

La leggenda dell'"Indio Dorado", poi abbreviata in El Dorado, originatasi nella laguna di Guatavita nell'attuale Colombia, non fece altro che spingere altri uomini a cercare il mitico regno perduto o la leggendaria città d'oro. E così altri esploratori occuparono gran parte della loro vita a cercare l'El Dorado. Ad esempio, Diego de Ordaz risalì l'Orinoco alla ricerca della mitica città. Francisco de Orellana partecipò ad una spedizione capeggiata dal fratello di Francisco Pizarro, Gonzalo, alla ricerca del "Pais de la canela y de El Dorado". Nella spedizione navigò lungo gran parte del corso del Rio delle Amazzoni. Francisco Vázquez de Coronado cercò a lungo le sette città di Cibola nel continente nord americano.

Gonzalo Jimenéz de Quesada intraprese una lunga spedizione nel territorio del Meta (Colombia) alla ricerca sempre dell'El Dorado. Lope de Aguirre lo cercò a lungo unendosi ad una spedizione capeggiata da Pedro de Ursúa. Senza il mito eterno dell'El Dorado la colonizzazione delle Americhe si sarebbe svolta in altre forme e soprattutto con altri tempi. In questi viaggi di scoperta i vari esploratori fornirono importanti informazioni per i futuri colonizzatori, mapparono un intero continente, senza mai trovare la mitica città o l'indio dorado delle leggende, la cui ricerca continua ancora oggi.

I conquistadores

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Fin dopo i primi viaggi di Colombo gli spagnoli organizzarono nelle isole caraibiche degli insediamenti stabili e dei governatorati coloniali come a Cuba. Il primo, però, ad organizzare una spedizione di conquista verso la terraferma fu Hernán Cortés. Egli il 18 febbraio 1519 con undici navi, poche decine di cavalli e alcuni pezzi d'artiglieria, partì da Cuba verso l'odierno Messico. Dopo aver sostato sull'isola di Cozumel e aver costeggiato lo Yucatán, fondò sulla costa messicana la piazzaforte di Veracruz. Da lì si mosse alla conquista dell'Impero Azteco e nell'arco di pochi mesi, sfruttando l'odio delle varie popolazioni facenti parte dell'impero che erano vessate dai continui sacrifici umani compiuti dai dominatori, entrò a Tenochtitlán, la capitale azteca. L'anno successivo, però, egli dovette lasciare la città per fronteggiare l'attacco mossogli da un altro spagnolo, Pánfilo de Narváez, mandato dal governatore di Cuba Diego de Velázquez, che l'anno prima aveva sconfessato Cortés.

Respinto de Narváez, il conquistador dovette rifugiarsi a Tlaxcala, città a lui fedele, a seguito di una ribellione scoppiata nel giugno del '20. Ripresosi e riconquistato il terreno perduto, Cortés entrò definitivamente a Tenochtitlan che ribattezzò Mexico (13 agosto 1521). Nei decenni successivi si susseguirono missioni sempre più spesso militari in Centro America, finché dal 1522 le brame dei conquistadores si rivolsero verso un regno sito tra gli altopiani andini e del quale giungevano notizie abbastanza precise sulla sua prosperità e le sue ricchezze minerarie: l'impero inca. Pasqual de Andagoya fu il primo ad arrivare fino a sud dell'attuale Colombia a Puerto de Pinas. Fu però il condottiero e hidalgo spagnolo Francisco Pizarro ad organizzare nel '32 il viaggio di conquista dell'impero inca. Partito da Panama alla fine del '30 con tre navi e quasi centottanta uomini giunse a Túmbez nell'aprile dell'anno dopo. Una volta che ebbe costituito il primo insediamento spagnolo sulla costa pacifica sudamericana (San Miguel de Piura), ripartì alla volta del Biru.

Approfittando della guerra civile tra i due fratellastri Atahualpa e Huáscar e utilizzandoli come pedine del proprio disegno strategico, Pizarro soggiogò gli incas, si impossessò dell'ingente tesoro imperiale e spostò la capitale da Cusco a Villa de los Reyes, ossia l'odierna Lima.

Gli anni successivi furono turbolenti, poiché presto gli indigeni si ribellarono al giogo spagnolo guidati da Manco Cápac, l'imperatore imposto da Pizarro in sostituzione di Huáscar da lui precedentemente sostenuto contro Atahualpa, e anche perché tra il condottiero e Diego de Almagro, che lo aveva seguito, nacquero rivalità sfociate in una guerra tra fazioni. La situazione rimase tale anche con i successori dei due, finché nel 1572 il viceré Francisco de Toledo riuscì a catturare e giustiziare l'ultimo imperatore inca Túpac Amaru e a dare una sistemazione definitiva al suo Vicereame.

Tra queste due spedizioni, ne furono organizzate di numerose tra il 1522 e il 1526 che portarono all'esplorazione e conquista dell'Honduras, del Guatemala, del Messico meridionale di Tepic e nel '29 nel territorio degli indios chichimecas nel Messico nordoccidentale, che rimase una regione instabile per le ribellioni degli indigeni fino al '600 inoltrato. Lo stesso Cortés organizzò quattro viaggi tra il 1532 e il '39 nello specchio d'acqua che ancora oggi porta il suo nome: Mar de Cortés o Golfo di California[11].

I territori spagnoli del Nuovo Mondo furono organizzati secondo un sistema di tipo feudale. Ai conquistadores la corona spagnola concedeva appezzamenti di terra più o meno grandi (le encomiendas). Il feroce sfruttamento delle popolazioni native provocò un enorme crollo demografico.

I conquistadores si organizzavano in bande armate per conquistare i territori ancora non colonizzati, le loro spedizioni erano chiamate entradas (incursioni), affidate a loro dalla corona e che li rendeva governatori e comandanti generali allo stesso tempo (il cosiddetto adelantado). Il loro potere, però, non era assoluto[11].

Vennero ridotti in schiavitù moltissimi nativi e vennero utilizzate le ricchezze del loro territorio fertile e dal sottosuolo ricchissimo, favorendo di fatto lo sviluppo economico in tutta l'Europa, e non solo in Spagna e Portogallo. I maggiori sostenitori e beneficiari di questa politica di sfruttamento furono infatti il Regno Unito, Spagna, Portogallo Francia e i Paesi Bassi. Sostanzialmente, i colonizzatori crearono un continente dal quale attingere oro, argento (utilizzando la manodopera dei nativi ridotti in schiavitù) e prodotti agricoli da monocolture (installate bruciando le foreste e le coltivazioni presenti prima dell'arrivo di Colombo).

Uno dei motivi principali dell'arretratezza era il contrasto allo sviluppo industriale locale operato dalle potenze coloniali. Questa portava le colonie a vendere in Europa materie prime a prezzi bassissimi (ad esempio metalli e fibre tessili), per poi comprare prodotti lavorati (ad esempio armi, tessuti, attrezzature) dagli stessi paesi europei. La gran parte di tali ricchezze si riversavano, quindi, nei paesi produttori di tali beni.

Anche con la fine della schiavitù, nel 1888, la mortalità dei lavoratori era sempre altissima[senza fonte] e le proprietà, terriere e non, erano tutte divise tra pochissime famiglie ricche. Di fatto era ancora più conveniente assumere con contratti temporanei tutti i disperati che non potevano trovare cibo che gestirli come schiavi[senza fonte].

Colonizzazione dell'America centromeridionale

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Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Bolivia coloniale.

Inizialmente l'opera di colonizzazione da parte degli occidentali si concentrò nel Centro e Sud America. Questi territori furono ben presto mete di avventurieri europei alla ricerca di oro o di facili occasioni di arricchimento, attraverso il deliberato furto e l'asservimento delle popolazioni indigene. Visto però che i caraibici si adattavano male al lavoro servile delle miniere e delle piantagioni morendo in gran numero, il sovrano Ferdinando II d'Aragona a partire dal 1510 autorizzò la tratta degli schiavi neri dall'Africa.

Alla colonizzazione dell'America centromeridionale parteciparono principalmente la Spagna ed il Portogallo, ma in minor misura anche la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda. Vi furono anche colonizzazioni secondarie come quella italiana.

Colonizzazione del Brasile

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Anche i portoghesi effettuarono diversi viaggi di esplorazione entro i limiti indicati dal trattato di Tordesillas. Nel 1500 il comandante Pedro Álvares Cabral con la sua flotta di tredici navi giunse alle coste dell'attuale Brasile, ma non vi trovò grandi elementi di attrattiva; l'unico prodotto di un certo valore commerciale era il legno presente nella zona.

In Brasile i portoghesi realizzarono fattorie e porti fortificati lungo le rotte delle loro navi, non penetrando mai troppo all'interno; infatti, il commercio rimase nelle mani dei popoli indigeni del Brasile. La colonizzazione portoghese si basò soprattutto sulla concessione di grandi latifondi per la coltivazione della canna da zucchero. Il ristretto numero di portoghesi nelle colonie e la numerosa importazione di schiavi neri dall'Africa dette vita ad una società estremamente variegata, al cui interno erano presenti numerose culture diverse.

Colonizzazione dell'America settentrionale

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All'inizio del Cinquecento, mentre gli spagnoli dilagavano nella parte centrale e meridionale del continente, altri europei presero a esplorare le coste atlantiche della sua parte settentrionale. Così fecero l'Inghilterra (con Giovanni Caboto e Sebastiano Caboto) e la Francia (per mezzo di Giovanni da Verrazzano). A quel tempo a nord del Rio Grande si stima che la popolazione indigena non superasse i 12 milioni di persone, riunite in tribù poco numerose e non unite le une alle altre. I nativi americani, appartenenti alle tribù Algonchine e Cherokee, praticavano un'agricoltura rudimentale e si spostavano con le canoe lungo i fiumi.

Fra il XVI e il XVII secolo sorsero in Florida, nel New Messico e in California le prime colonie degli spagnoli che provenivano dall'America centrale. Più a nord, i francesi si inoltrarono nel bacino del San Lorenzo dove si stanziarono nelle città di Québec e Montréal. Da qui i francesi penetrarono nell'interno, verso i Grandi Laghi e successivamente verso sud nel bacino del Mississippi, fino a raggiungere la sua foce, dove fondarono la città di La-Nouvelle Orléans (New Orleans).

Ben presto però, fra tutti i coloni, prevalsero gli inglesi che giunsero a dominare l'intera fascia costiera, dove un po' alla volta si formarono 13 colonie, il nucleo fondamentale di quelli che un secolo più tardi divennero gli Stati Uniti d'America (1776).

I primi tentativi di colonizzare l'America Settentrionale non ebbero un grande successo, dato che i nativi americani non si adattavano minimamente ad essere assoggettati come manodopera e il clima non favoriva gli insediamenti. Dopo alcuni tentativi falliti, il primo insediamento inglese stabile fu costruito nell'odierna Virginia e prese il nome di Jamestown, nel 1607.

Gli inglesi partirono dalla costa più vicina all'Europa (la East Coast) respingendo progressivamente le popolazioni indigene verso ovest (il cosiddetto Far West).

Non è un caso quindi che le due lingue più parlate siano l'inglese e secondariamente il francese in alcune zone del Canada.

Nel 1823 la Corte Suprema decreta che gli indigeni non sono proprietari delle terre.[12]

Negli Stati Uniti d'America, in ricordo del giorno in cui Colombo arrivò nelle Americhe, viene festeggiato il Columbus Day.

Crollo demografico della popolazione indigena

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Il Nuovo Mondo conobbe nel corso del XVI secolo un notevolissimo crollo demografico della popolazione indigena del continente. Una delle ipotesi più diffuse lega questo evento alla diffusione di patologie non curabili quali il vaiolo, l'influenza, la varicella, il morbillo. Queste patologie vennero inconsciamente portate con sé dagli europei e dai loro animali, quando sbarcarono e si stabilirono nel nuovo continente. Si trattava di malattie pressoché inesistenti in America: mentre le popolazioni di Europa, Asia e Africa avevano sviluppato anticorpi specifici contro di esse, gli indigeni si trovarono del tutto inermi: la rapidità del contagio e il tasso di mortalità furono molto elevati.[13] Si stima che tra l'80% ed il 95% della popolazione indigena delle Americhe perì in un periodo di tempo che va dal 1492 al 1550 per effetto delle predette malattie. Circa un decimo dell'intera popolazione mondiale di allora (500 milioni circa) fu decimato[senza fonte]. Non è, tuttavia, possibile stabilire alcuna cifra certa, data dall'incertezza delle fonti a disposizione.

La prima malattia che si diffuse nel Nuovo Mondo fu causata da un germe dell'influenza dei suini ed ebbe inizio nel 1493 a Santo Domingo e decimò la popolazione (da 1.100.000 a 10.000)Charles Mann "1493. Uncovering the New World Columbus "[senza fonte]; nel 1518 comparve il vaiolo ad Hispaniola che si propagò dapprima in Messico, poi in Guatemala e nel Perù; si ritiene che la malattia destabilizzò l'impero Inca favorendo la campagna di conquista di Francisco Pizarro ed il massacro della popolazione[13]. Dopo il devastante passaggio del vaiolo e dei conquistadores, fu la volta del morbillo.

L'ipotesi epidemiologica è messa, però, in discussione da alcuni autori, tra i quali il demografo italiano Massimo Livi Bacci. Secondo Livi Bacci l'impatto delle malattie occidentali è stato sicuramente un evento distruttivo, ma non ha colpito allo stesso modo in tutto il continente. Due fattori, in particolare, hanno influito sul tasso di mortalità legato al vaiolo: le condizioni generali di vita e le specificità territoriali. Ad esempio in Messico la malattia colpì una popolazione ancora relativamente numerosa e con un'alta mobilità. I frequenti commerci e spostamenti a cui le persone erano abituate contribuirono enormemente alla diffusione del virus. Nel caso del Perù, invece, l'ipotesi dell'epidemia precedente all'arrivo degli spagnoli è contestabile: il vaiolo è una malattia estremamente debilitante, e sembra improbabile che sia riuscita a percorrere tutta l'America Centrale fino all'impero Inca in un periodo in cui il passaggio di persone tra i due luoghi era ancora piuttosto limitato[14]. Di parere opposto è il professor David Noble Cook che nel suo libro "Born to Die: Disease and New World Conquest, 1492-1650" fa una disamina su tutti i tipi di malattie che si diffusero nelle Americhe non focalizzandosi principalmente sul morbillo e analizzandone la velocità di espansione.

Trasferimenti di piante e animali

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Lo stesso argomento in dettaglio: Scambio colombiano.

La colonizzazione europea delle Americhe ebbe, tra le numerose conseguenze, anche quella del trasferimento di piante ed animali dal Nuovo Mondo al Vecchio Mondo, che alterò il quadro botanico ed in misura minore quello zoologico. Tra le piante forestali vanno annoverate il noce nero del Nordamerica, la quercia rossa, la robinia pseudoacacia; tra le conifere l'araucaria dell'America Meridionale, la sequoia; tra le piante coltivate il mais, il girasole, il peperone, la patata, il fagiolo, il pomodoro, il tabacco e il cacao.[15] Alcuni erroneamente indicano tra i nuovi arrivi anche il cotone, che effettivamente era coltivato e lavorato in Perù da antica data. Tuttavia il cotone era utilizzato anticamente anche in India e tramite le rotte commerciali tra Asia ed Europa arrivò nel vecchio continente già nel Medioevo, alcuni ritengono tramite i Saraceni[16]. Tra le specie animali trasferite dall'America all'Europa vanno inclusi il tacchino, originario del Nordamerica e dell'America centrale, il chinchilla, il visone americano, la trota iridea; per quanto riguarda le piante esportate dall'Europa abbiamo gli asparagi, i cetrioli, i carciofi, i cardi, i cavoli, la lattuga, il sedano, il melograno, le more e le pere.

Nella cultura di massa

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Manga e anime

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  1. ^ Ilaria L. Caraci, Al di là di Altrove. storia della geografia e delle esplorazioni, Milano, IT, Ugo Mursia Editore, 2009, ISBN 978-88-425-3874-5.
  2. ^ Katherine L. Brown, Robin J. H. Clark, Analysis of Pigmentary Materials on the Vinland Map and Tartar Relation by Raman Microprobe Spectroscopy, in Analytical Chemistry, vol. 74, 2000, pp. 3658-3661, DOI:10.1021/ac025610r, ISSN 0003-2700 (WC · ACNP). URL consultato il 9 ottobre 2014.
    «Studies by Raman microprobe spectroscopy have shown that the black ink defining each feature on the controversial Vinland Map consists of carbon that overlays a yellow line containing anatase [..] a modern (post 1923) origin for the Vinland Map is strongly indicated»
  3. ^ Testamento e del codicillo di Isabella I di Castiglia, detta la Cattolica (23 novembre 1504, Medina del Campo, Valladolid), su www.ub.edu. URL consultato il 9 ottobre 2023.
  4. ^ Piero Angela et al., Cristoforo Colombo - storia di un incredibile viaggio, in Speciali di Superquark.
  5. ^ (EN) The First Americans, in Scientific American, vol. 305, n. 5, novembre 2011. URL consultato il 21 ottobre 2017.
  6. ^ (FR) A. Van Den Branden, L'inscription phénicienne de Paraiba (Brésil), in Parole de l'Orient, vol. 4, n. 2, 1968, pp. 55-73. URL consultato il 20 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2017).
  7. ^ a b c d Alessandro Sisti, La scoperta dell'America, collana Topolin Colombo e altre storie.
  8. ^ «Innocenzo VIII, il Papa che riscoprì il Nuovo Mondo», in Il Giornale, 11 ottobre 2005. URL consultato il 16 agosto 2011.
  9. ^ Alexander Geraldinus, "Itinerarium ad Regiones Sub Aequinoctiali Plaga Constitutas" – scritto tra il 1521 e il 1522, fu pubblicato per la prima volta solamente nel 1631; ristampa anastatica curata da Enrico Menestò, per conto dell'Assessorato alla Istruzione e Cultura della Regione dell'Umbria, in occasione delle Celebrazioni Colombiane del 1992, Tipografia Artigiana Tuderte, Todi, 1992; pubblicato anche da Nuova ERI, Torino, 1991.
  10. ^ Trascrizioni del testo presente sulla Mappa di Piri Reis
  11. ^ a b Francesco Surdich, Verso il Nuovo Mondo, Giunti, Firenze, 2002, pp. 35-37.
  12. ^ Tribes - Native Voices, su www.nlm.nih.gov. URL consultato il 17 ottobre 2023.
  13. ^ a b Alfred W. Crosby, Lo scambio colombiano. Conseguenze biologiche e culturali del 1492, Torino, Einaudi, 1992 (1972).
  14. ^ Massimo Livi Bacci, Conquista. La distruzione degli Indios americani, Bologna, il Mulino, 2005.
  15. ^ "La diffusione di piante e animali", di Gian Tommaso Scarascia Magnozza, pubbl. su "Le Scienze (Scientific American)", num.285, maggio 1992, pag.10-13
  16. ^ Mazzaoui, M.F., 1981. The Italian Cotton Industry in the Later Middle Ages, 1100-1600, Cambridge University Press
  17. ^ Jack Mathews, MOVIES : Voyage of Rediscovery : With '1492,' director Ridley Scott and writer Roselyne Bosch aim to portray Christopher Columbus not as a legend but as an extraordinary though flawed person, in The Los Angeles Times, 3 maggio 1992. URL consultato il 9 ottobre 2010.

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